Lady Windermere’s Fan di Ernst Lubitsch (1925) è la miglior messa in scena del capolavoro di Oscar Wilde, realizzata ai tempi del muto musicale quando i cosiddetti “pionieri del cinema”, quelli del “grande segreto”, come Lubitsch, cercavano di fare arte con il cinema portando in esso le soluzioni raggiunte dai più grandi maestri delle altre arti espressive, dai quali avevano imparato come trarre il massimo sia da una sola forma espressiva che dall’integrazione tra più forme espressive. A ciò mirava l’investimento di questi autori nel nuovo costosissimo e rischiosissimo strumento di narrazione, il cinema, che sembrava nato per continuare a sviluppare quel sogno di un’opera totale immaginato da Wagner.
Tra le innumerevoli qualità di questo capolavoro del maestro dei maestri vi è senza dubbio quella di aver riraccontato il capolavoro di Wilde attraverso una messa in scena che con molte meravigliose variazioni ci fa capire come ragiona Wilde, come racconta Wilde, come fa arte Wilde. Provando infatti a vedere il film con gli occhi di Wilde si rimane sbalorditi di veder compiuta l’impresa di riuscire a “parlare” di un’opera fatta di molte parole … senza quasi usare parole, e tuttavia mantenendone lo stesso tono ironico, senza mai tradire ma anzi esaltando il modo di raccontare di Wilde, che rivive nel cinema grazie a Lubitsch, il suo ideale erede. Se volete scoprire a chi pensava Lubitsch mentre creava - anche - gli altri suoi capolavori, qui trovate una risposta esplicita: Wilde, ovviamente, oltre a Shakespeare e a tanti altri autori della nostra tradizione umanistica, di cui Lubitsch voleva essere un continuatore e un cantore, non un «dissacratore». Attraverso questo passaggio del testimone il teatro di Wilde si trasforma nel cinema di Lubitsch in perfetta continuità. Eccovi dunque servita la commedia sofisticata, dal più raffinato erede della commedia shakespeariana al più raffinato erede della commedia wildiana. In questo film c’è già tutto quello che si può apprendere dal cinema di Lubitsch ma anche da quello di coloro che implicitamente o esplicitamente ne sono stati gli eredi; e non solo, anche da quello di coloro che di Lubitsch sono stati i maestri - come Oscar Wilde - a cui Lubitsch rende omaggio in ogni suo film proprio come fa un bravo allievo quando ha imparato la loro lezione, quando l’ha fatta propria. Proprio come hanno fatto i Billy Wilder o i Truffaut - solo per fare due nomi eccellenti - che hanno imparato a fare cinema studiano l’opera di Lubitsch. L’opera intera di Lubitsch è un sistema di variazioni sul tema. Lo è ogni suo film rispetto agli altri e ogni sequenza di ciascuno di essi rispetto alle altre che lo compongono. Ma è anche una continua variazione sui temi narrativi e sulle soluzioni espressive dei tanti artisti di cui si è nutrito Lubitsch portando nel cinema tutta la loro sapienza e continuando quel meraviglioso lavoro che sanno fare solo gli artisti: riraccontarci storie archetipiche manipolando in modi nuovi la stessa materia narrativa ed espressiva di cui sono fatte le favole della nostra infanzia.
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