“Giorgia Meloni ora deve scegliere da che parte stare“ - L’analisi del voto di monsignor Viganò
“Le elezioni politiche del 25 settembre 2022 confermano il comune sentire popolare che alcuni avevano saputo cogliere con anticipo. Dopo due anni di violazioni dei più basilari diritti e due esecutivi agli ordini di entità sovranazionali, il voto che ha portato al governo il centrodestra guidato da Fratelli d’Italia ha espresso una precisa linea politica, che va ben oltre il programma di quella coalizione: gli italiani hanno istintivamente dato il loro consenso a chi, in Parlamento, ha fatto un’opposizione, benché molto moderata, al governo Draghi. I cosiddetti partiti anti-sistema, parcellizzati, contano in totale circa un milione di votanti: ciò è dovuto alla decisione non casuale dell’esecutivo uscente di convocare i comizi in piena estate; alla scarsissima visibilità accordata dai media mainstream alle forze del dissenso; al fatto che i loro programmi sono stati percepiti come difficilmente realizzabili e dunque al timore della dispersione del voto; all’astensionismo attorno al 36%, che implica la scelta, a sua volta dovuta a varie ragioni, di non avere una rappresentanza politica. Alcuni volenti e altri nolenti, questi nuovi movimenti hanno così finito per costituire un’opposizione fittizia, spingendo gli elettori a turarsi il naso. Nella speranza che da presidente del Consiglio Giorgia Meloni possa cambiare idea, gli elettori hanno infatti preferito attribuire a lei - membro dell’Aspen Institute, iper europeista e atlantista - un ruolo che in campagna elettorale non si è voluta assumere. C’è uno scollamento tra eletti ed elettori, i quali chiedono a FdI più di quanto abbia mai promesso. Meloni in questo momento è un premier in potenza: se vorrà esserlo anche in atto, dovrà dimostrarlo tenendo testa ai globalisti, e non tradendo gli italiani (...)“. Monsignor Carlo Maria Viganò analizza il voto italiano inserendolo nel più ampio contesto geopolitico: le imminenti elezioni di mid-term americane; il possibile ritorno in auge di Donald Trump; il protrarsi della guerra in Ucraina; il piano eversivo delle élite internazionali che, essendo ormai alla luce del sole, le mette in crisi e le rende proprio per questo più aggressive.
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