Maccadino analista: Russia e Uktaina l’altra faccia dell’accordo sul grano.
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Dalla FIERA DELL’EST ai mercati globalizzati
Quanto avvenuto lunedì 17 luglio, ossia la decadenza dell’accordo russo-ucraino sul trasporto del grano, sponsorizzato da Erdogan, e la paventata carestia africana conseguente, ha inspirato il titolo di questa trasmissione, ma, in realtà, viene usato a pretesto per segnalare la follia raggiunta con i meccanismi dei mercati finanziari globalizzati. Questa sera parleremo infatti di meccanismi commerciali certamente noti ai più ma forse non così immediati alla percezione della casalinga di Voghera, come si diceva in un tempo politicamene scorretto.
Per come la notizia è stata riportata dai media, sembra che tale rottura dell’accordo comporti automaticamente una carenza materiale di grano e quindi una carestia per chi del grano ha bisogno per sopravvivere, cioè una certa fetta d’Africa. La mancanza del grano ucraino, insomma, è causa della fame di milioni di bambini in Africa. L’ambasciatore degli Stati Uniti all’ONU, Linda Thomas-Greenfield, ha definito «un atto di crudeltà» la mancata proroga dell’accordo, accusando la Russia di «tenere in ostaggio l’umanità». Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha condannato «la mossa cinica della Russia» ribadendo al tempo stesso l’impegno «a garantire la sicurezza alimentare per le persone vulnerabili in tutto il mondo» assicurando l’arrivo dei prodotti agroalimentari dell’Ucraina sul mercato globale.
Ebbene, che l’episodio possa avere ripercussioni sull’approvvigionamento di cereali nei Paesi del c.d. III mondo è certamente una verità, ma è solo una mezza verità. L’altra mezza è che l’eventuale carestia non sarebbe dovuta alla mancanza fisica del prodotto bensì al suo accresciuto costo e o al dirottamento su mercati più redditizi, così come determinato dai mercati finanziari in tutt’altra parte del mondo che su quel prezzo speculano. Esattamente quello che abbiamo visto quasi due anni fa accadere al mercato di Amsterdam del gas, a cui abbiamo dedicato una trasmissione. E infatti grano e gas, per i mercati, rientrano sotto la medesima categoria commerciale, come vedremo in seguito.
Sembra infatti abbastanza ingenuo credere che il semplice bombardamento di alcuni silos nel porto di Odessa o il blocco del corridoio franco del Mar Nero, possa mettere in ginocchio il mondo nel settore dei cereali, posto che i grandi produttori di grano mondiali sono altrove. Tanto per avere un’idea: nel 2020 La produzione mondiale di grano equivaleva a 760 milioni di tonnellate con Cina in Russia che rappresentavano il 41 % di tale produzione; se l’Unione europea fosse considerato un unico paese con le 126, 6 tonnellate alle quali l’Italia contribuisce per 6, 7 tonnellate sarebbe il secondo produttore di grano del mondo. Nella classifica dei produttori, che come abbiamo detto è capeggiata dalla Cina con 134 Milioni di tonnellate, dall’India con 107 e dalla Russia con 85, figurano però anche Stati Uniti con quasi 50 milioni di tonnellate, Canada con oltre 35 milioni e Francia con 30 milioni di tonnellate; persino il Pakistan con 25 milioni di tonnellate sopravanza l’Ucraina che produce 25 milioni di tonnellate, di poco sopra alla Germania e alla Turchia. Cos’è accaduto nello specifico? Il giorno dopo dell’annuncio della rottura dell’accordo russo-turco-ucraino, il prezzo del grano si è impennato alla Borsa di Chicago. A Chicago ci sono i produttori Ucraini? Gli acquirenti africani? No, ci sono soprattutto i grandi fondi d’investimento e/o fondi pensione occidentali che speculano sulle commodities agricole: in altri termini, il costo del grano e l’eventuale fame dell’abitante africano dipendono dalla speculazione operata sui fondi relativi a qualche pensionato europeo. (esagerazione). Cerchiamo di spiegare. I cereali sono uno dei principali beni che compongono le due macro categorie delle c.d. commodities. Commodities non sono altro che materie prime, scambiate sul mercato senza differenze qualitative: beni cosiddetti fungibili. Quest’ultima caratteristica, le rende facilmente negoziabili sul mercato e possono essere utilizzate come sottostanti (riferimenti) per diversi strumenti finanziari: Commodity bond, obbligazioni e soprattutto futures (soffermiamoci un attimo su questi ultimi: i futures sono strumenti prettamente speculativi, ovvero contratti futuri in cui ci si obbliga a scambiare una prefissata quantità di merce ad una data prefissata e ad un determinato prezzo fissato alla data della contrattazione. Nella stragrande maggioranza dei casi le operazioni sui futures delle commodity sono speculative e si chiudono prima della scadenza con l’acquisto/vendita di un contratto di segno opposto, spesso effettuate a cortissimo termine: a volte l’intera operazione - vendita/acquisto - si completa in pochi minuti. Solo una piccola parte -0 2% dei contratti negoziati sulle commodity nelle Borse preposte vengono effettivamente consegnati.
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Maccadino analista: Russia e Uktaina l’altra faccia dell’accordo sul grano.